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Anna Della Moretta
Anni di vita attiva, poi l’oblìo. Anni di lavoro, d’ interessi sociali, di attenzione verso gli affetti più cari. Poi, il disinteresse, il fastidio, l’assenza. La diagnosi, punto di arrivo dello sforzo di dare un significato a cambiamenti così radicali in una persona, è quella di malattia di Alzheimer. Punto di arrivo e di partenza al contempo, linea di demarcazione tra una incertezza che lascia ancora spiragli ad una speranza ed una consapevolezza che causa smarrimento. Le persone colpite da Alzheimer sono stimate in mezzo milione a livello nazionale, ovvero oltre la metà di coloro che sono colpite da altre forme di demenza senile. Secondo uno studio del Centro nazionale delle ricerche, i nuovi casi di demenza tra la popolazione anziana sono 150 mila l’anno e, di questi, 80 mila sono malati di Alzheimer. In occasione della giornata mondiale Alzheimer 2002 che si celebra sabato 21 settembre, su iniziativa dell’Irccs «Centro S. Giovanni di Dio-Fatebenefratelli» di Brescia e della Fondazione internazionale Fatebenefratelli, venerdì e sabato si svolgerà un convegno sulle «Speranze di cura per la malattia di Alzheimer: dagli anticolinestarisici alle cellule staminali neurali». Il titolo dell’incontro contiene uno spiraglio per una malattia di cui non si conosce la causa e per la quale, malgrado gli sforzi della scienza, non si è ancora trovata una terapia che la possa guarire. «Eppure l’Alzheimer, una delle maggiori sfide della medicina e delle politiche sanitarie del XXI secolo, è oggi meno temibile che in passato», spiega Orazio Zanetti, e direttore del Dipartimento disturbi cognitivi dell’anziano dei Fatebenefratelli e primario dell’Unità operativa Alzheimer-Centro per la memoria all’Irccs di via Pilastroni. «Dei tre approcci farmacologici per l’Alzheimer, solo l’amplificazione dell’attività dell’aceticolina residua rappresenta una reale e concreta possibilità terapeutica per la malattia che, sia pure con ampi limiti, ha aperto davvero le porte per la prima volta, della speranza terapeutica per una malattia precedentemente dall’esito invariabilmente infausto, quando non relegata nell’ambito del normale invecchiamento cerebrale e, quindi, nell’alveo di una cultura obsoleta che vede nel vecchio una persona destinata inesorabilmente a sviluppare un deterioramento delle attività cognitive. Sappiamo invece - continua Zanetti -.che invecchiamento e demenza seguono strade diverse, non necessariamente destinate ad incontrarsi. Anche se, non c’è dubbio, che l’età avanzata rappresenti un fattore di rischio per l’Alzheimer, soprattutto tra i 70 e gli 80 anni». I farmaci attualmente disponibili sono in grado di rallentare la malattia, se somministrati nella fase iniziale. A dimostrarlo anche i dati raccolti all’Irccs Centro san Giovanni di Dio Fatebenefratelli in cui ha sede una delle Unità valutative Alzheimer (Uva) previste dal progetto Cronos attivato due anni fa dal Servizio Sanitario nazionale. Sui mille pazienti trattati in provincia di Brescia, la metà fa riferimento all’Uva del Fatebenefratelli. «Per un sottogruppo di 158 soggetti disponiamo dei dati completi dopo nove mesi di terapia - spiega Zanetti -. Ebbene, la percentuale dei soggetti che restano stabili o che migliorano nell’arco di nove mesi è del 44%, un risultato in linea con i dati raccolti nella sperimentazione clinica». Dunque, non è velleitario parlare di «speranze di cura» per una malattia neurodegenerativa che colpisce in vecchiaia. «Vecchiaia che è una costante naturale, ma anche una variabile storica che la rende idea e valore», sostiene Giorgio Cosmacini, storico della Medicina. Il prof. Cosmacini sarà presente all’incontro di dopodomani, venerdì, a partire dalle 16 all’auditorium «Capretti» in via Piamarta 6. Cosmacini parlerà dei vecchi, della cura e della storia. Seguirà Ezio Giacobini dell’Università di Ginevra sulla curabilità della malattia, Giovanni Frisoni dell’Irccs Fatebenefratelli sugli aspetti clinici e Giuliano Binetti sul contributo della genetica. I lavori per la giornata mondiale dell’Alzheimer proseguiranno sabato 21 dalle 9 alle 13, sempre in via Piamarta, con relazioni scientifiche.
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